Fondamentale nel contesto dei diritti dell’infanzia è il diritto del minore all’ascolto.
Le due previsioni, quella del superiore interesse del minore e quella del suo ascolto sono strettamente collegate.
Assumere infatti una decisione nei riguardi del fanciullo che tenga conto di quello che è il suo superiore interesse presuppone necessariamente una conoscenza delle sue esigenze e quindi un suo ascolto.
In particolare, l’art. 12 della Convenzione, in coerenza con la concezione del minore come soggetto di diritti e protagonista delle scelte che riguardano la sua vita, prevede l’obbligo per gli Stati parti:
– di garantire al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa,
– di fornire in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato,
– di tenere conto delle opinioni espresse dal bambino in relazione alla sua età e al suo grado di maturità.
Nell’ordinamento italiano il principio ha dato origine a importanti provvedimenti legislativi e in particolare all’art. 315-bis c.c., introdotto dalla c.d. riforma della filiazione, (L. 219/2012 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”, e D.lgs. 154/2013), che prevede un generale diritto per il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Tutte le volte in cui il giudice, nel corso di una causa, ha necessità di sentire un minorenne per l’adozione di provvedimenti che lo riguardano (ad esempio, l’affidamento o la collocazione in favore di un genitore separato o divorziato, oppure l’eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità) deve disporre prima il cosiddetto ascolto del minore nel processo. In pratica, il tribunale è tenuto obbligatoriamente a sentire il bambino con almeno 12 anni o anche più piccolo, se ritenuto capace di discernimento. Il tutto ovviamente osservando alcune garanzie per la tutela dell’interessato. La recente riforma Cartabia sul processo civile e penale ha riscritto le regole sull’ascolto del minore. Ecco dunque come viene ascoltato il minore in una causa che lo riguarda. A disciplinare il nuovo ascolto del minore è l’articolo 473 bis del Codice civile. L’ascolto è sempre obbligatorio per i bambini con almeno 12 anni o anche più piccoli se il giudice li ritiene in grado di comprendere le risposte che danno. Esso viene disposto per garantire anche ai minorenni il diritto fondamentale ad essere informati e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che li riguardano. I minori infatti, non possono considerarsi parti vere e proprie (formali) del procedimento; lo sono però in senso sostanziale. Difatti scopo dell’audizione del minore è proprio garantire la tutela migliore dei loro interessi.
Non si procede all’ascolto del minore quando ciò sia pregiudizievole per il minore stesso o è del tutto inutile. È stato così recepito l’indirizzo della Cassazione secondo cui l’audizione del minore può essere omessa solo nel caso in cui sia in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superflua ovvero sussistano particolari ragioni che la sconsiglino e che vanno specificatamente indicate. Il mancato ascolto determina la nullità della sentenza, così come la Suprema Corte ha ribadito sino ad oggi. L’audizione del minore non può essere delegata dal giudice relatore ad altri soggetti, neanche ai giudici onorari. L’ascolto del minore è dunque condotto direttamente dal giudice. Tuttavia, questi può – anzi, deve – farsi assistere da esperti. Non si tratta di una scelta discrezionale o arbitraria ma di un vero e proprio dovere: quando infatti le sue conoscenze non sono in grado di rispondere al bisogno di tutela e alla postulazione di giudizio, il giudice può e deve incaricare un esperto. Quanto alle modalità dell’ascolto, l’articolo 473 – bis. 5. cod.proc.civ. dispone che devono essere tali da assicurare la serenità e riservatezza del minore. Da ciò deriva che i genitori difensori e il curatore speciale possono assistere all’audizione solo previa autorizzazione del giudice. Esistono due tipi di audizione del minore: • l’ascolto diretto, ossia, quello svolto dal giudice; • l’ascolto assistito, ossia quello in cui l’audizione avviene con l’assistenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile. Il giudice deve procedere in ogni caso alla video registrazione della sua audizione e, laddove non sia possibile procedere con questa modalità, bisogna redigere apposito verbale dell’ascolto. Il verbale deve descrivere dettagliatamente il contegno del minore. È stata abrogata la vecchia norma che riconosceva alle parti la facoltà di seguire l’ascolto senza autorizzazione del giudice in presenza di mezzi idonei, quali vetro specchio e impianto citofonico. Inoltre, l’udienza è fissata in orari compatibili con gli impegni scolastici del minore. L’ascolto è altresì previsto dalla Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 che all’art. 13 stabilisce che il giudice può rifiutare il ritorno del minore nel paese da cui è stato illegittimamente trasferito nel caso in cui questi si opponga ed abbia un’età e una maturità tali da rendere opportuno il fatto di tenere in considerazione il suo parere. l’ascolto del minore è necessario in tutti i processi che lo riguardano come quelli di separazione, divorzio o revisione delle condizioni di separazione o divorzio; ma ciò vale anche per quelle cause che decidono lo stato di adottabilità del minore. L’articolo 473 bis. 6. cod.proc.civ. prevede che il giudice ascolti senza ritardo il minore qualora rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori. L’ascolto senza ritardo è finalizzato ad assicurare una tutela del minore nei casi in cui possa essere compromesso il mantenimento di un rapporto affettivo sia con un genitore che con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale. La giurisprudenza comunitaria ha più volte sottolineato che nel caso in cui sussista un conflitto di interessi con il minore, si trovi un giusto equilibrio fra tutti gli interessi stessi, attribuendo rilievo, comunque, alle esigenze del minore.