Dalla ratifica della Convenzione di New York, pertanto, molto è stato fatto ma molto è ancora da fare anche perché, come precisato dalla Garante dell’infanzia, emergono nuovi diritti: tra questi, “il diritto dei bambini a non essere lasciati soli, a non dover assistere a discussioni o litigi tra genitori, a coltivare i propri sogni e a realizzarli, a utilizzare in modo consapevole e sicuro i nuovi media digitali”.
In Italia l’età minima per iscriversi a un social network è stata fissata a 14 anni. Lo prevede l’articolo 2-quinquies del decreto legislativo 101 del 2018, che ha recepito nel nostro Paese il regolamento Ue sulla tutela dei dati personali, il cosiddetto Gdpr, al quale fanno riferimento le condizioni di utilizzo dei principali social network.
Per chi ha meno di 14 anni è consentita comunque l’iscrizione, ma a condizione che ci sia il consenso dei genitori. Il regolamento europeo prevede che la soglia minima fosse di 16 anni, con la possibilità per gli Stati membri di stabilire per legge un’età diversa, purché non inferiore ai 13 anni. Per questo motivo l’età minima può variare, ma non deve scendere mai sotto ai 13 anni.
L’articolo 8 del Gdpr ha previsto anche che le piattaforme debbano adoperarsi «in ogni modo ragionevole» per verificare che i genitori abbiano prestato il proprio consenso nei casi di iscrizione di bambini di età inferiore ai 13 anni, utilizzando tutte le «tecnologie disponibili», ad esempio gli algoritmi. Il vero problema è che non ci sono controlli e che negli anni la disposizione è rimasta sostanzialmente inapplicata. I minorenni possono mentire sull’età, semplicemente indicando all’atto di iscrizione al social una data di nascita diversa. Nessuna legge impone sanzioni in caso di menzogna. Se vengono commessi degli illeciti, le conseguenze possono essere di tipo civilistico e ricadono sui genitori per culpa in educando, ex articolo 2048 del Codice civile, per non aver controllato sull’uso dei social network da parte dei figli di età inferiore ai 14 anni. Da questa età in su i minorenni possono essere imputabili e rispondono in proprio dei reati commessi, mentre i genitori continuano a risponderne in sede civile.