Diverse norme sono poi dedicate al rapporto del fanciullo con la sua famiglia.
In particolare, gli Stati devono garantire:
•il diritto del fanciullo a non essere separato dai genitori tranne nel caso in cui questi lo maltrattino o lo trascurino oppure se vivano separati (art. 9),
•il diritto del fanciullo separato dai genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi, a meno che ciò non sia contrario al suo interesse preminente (art. 10),
•il riconoscimento del principio secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo (art. 18)
Si fa qui riferimento alla L. 54/2006 sull’affidamento condiviso che ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della bigenitorialità, allo scopo, in linea con i principi sanciti dalla Convenzione di New York, di attuare il diritto del minore ad avere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, pur in presenza di una crisi del loro rapporto.
Il figlio ha pertanto diritto, pur dopo la separazione dei genitori, a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con madre e padre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi (art. 337-ter c.c.).
Inoltre, sempre in attuazione degli obblighi previsti dalla Convenzione, e al fine di una piena realizzazione della condivisione dei poteri-doveri che spettano ai genitori nei confronti del figlio si stabilisce che la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.
La Convenzione inoltre prevede che:
•se i genitori e il figlio vivono in nazioni diverse hanno diritto al ricongiungimento
•un fanciullo i cui genitori risiedono in Stati diversi ha diritto a intrattenere rapporti personali e contatti diretti regolari con entrambi, salvo circostanze eccezionali
•gli Stati parti hanno l’obbligo di adottare provvedimenti per impedire gli spostamenti e i non-ritorni illeciti di fanciulli all’estero (art. 11)
Merita un accenno in tal senso la normativa in materia di immigrazione e in particolare l’art. 29-bis D.lgs. 286/1998, introdotto dalla L. 47/2017, legge in materia di “minori stranieri non accompagnati”, secondo cui se il rifugiato è un minore non accompagnato, è consentito l’ingresso ed il soggiorno, ai fini del ricongiungimento, degli ascendenti diretti di primo grado, prescindendo dalle condizioni di reddito e alloggio.
Si ricorda inoltre la Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, ratificata con L. 64/1994, in materia di sottrazione internazionale di minorenni, finalizzata a tutelare il minore a fronte di trasferimenti illeciti.
Altre disposizioni convenzionali stabiliscono ancora che il minore ha diritto a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.
Qualora peraltro sia privo di un ambiente familiare adeguato deve essere possibile il ricorso ad una protezione sostitutiva che gli consenta in via temporanea o definitiva, di ricevere le cure indispensabili alla sua crescita.
Nell’ordinamento italiano questi fondamentali principi si ritrovano oltre che in generale nella normativa in materia di adozione anche:
•nell’art. 315-bis c.c. secondo cui il minore ha diritto a crescere in famiglia, •nell’art. 1 della L. 184/1983 secondo cui il minore ha diritto a crescere e ad essere educato nella propria famiglia,
•nell’art. 8 della L.184/1983 secondo cui sono dichiarati in stato di adottabilità i minori privi di adeguata assistenza morale e materiale,
•nell’art. 28 L. 184/1983 che stabilisce il diritto dell’adottato alla conoscenza delle proprie origini